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...Erano tempi duri...

Storia mineraria di Malonno


di

Gian Claudio Sgabussi ©




Intervento alla manifestazione “Del bene e del bello. Giornata del patrimonio culturale della Valle Camonica”, Malonno, 2 ottobre 2009.


* * *


Era l’8 agosto 1793 quando a testa bassa entrarono, uno alla volta, trascinati con catene nell’aula del Tribunale di Brescia, i fratelli Domenico e Faustino Favetta e Faustino Frai, di professione minatori i primi e fabbro il terzo, tutti residenti in Malonno.

Ma poco per non dir niente si curano di esercitarsi in tali lavori

Da alcuni mesi, a detta del console Giacomo Bona e del Parroco Don Giovanni Catotti, recano disturbo e timori alla comunità di Malonno, ma soprattutto conducono la loro esistenza da una bettola all’altra sperperando soldi ed ubriacandosi.

Si vedono girar per il paese e in quelle vicinanze sì di giorno, che di notte, e armati sempre almeno di coltello, bestemmiando, caldi di vino.

Essi sono già stati altre volte soggetti all’attenzione della giustizia per furti commessi nelle campagne e nelle case di Malonno.

Per i testimoni, i tre si procuravano il danaro rubando minerale ferroso dalle miniere di Malonno.

Il 14 agosto 1793 viene emessa la sentenza con la condanna a servire nei pubblici lavori oltremare per tre anni.

Domenico perderà la mano sinistra e la condanna verrà tramutata in 18 mesi di carcere senza luce.

Erano tempi duri.

Il 1793 pagava ancora le conseguenze delle bizzarrie meteorologiche dell’anno precedente – anche allora – che misero a dura prova la stentata economia della Valle. Temperature con lo zero termico a quote elevate e abbondanti piogge portarono l’ingrossamento dei fiumi e l’inondazione dei campi che rimasero ricoperti da sabbie e ghiaie.

Erano tempi duri....era ancora vivo il ricordo del terribile incendio che si portò via parte del paese alcuni anni prima.

Erano tempi duri ....in cui i fermenti rivoluzionari francesi serpeggiavano lungo le strette vallate alpine e lo spettro della guerra si stava diffondendo in tutta Europa.

In quel periodo Malonno era uno dei paesi più importanti della Media Valle Camonica. Il suo territorio suddiviso in campi lungo i pendii e in praterie sul fondo valle, era fertile di frumento, segale, granoturco, castagne e fienagioni.

Vi era anche un forno per la fusione del ferro alimentato dal minerale proveniente dalle ricche miniere che vi abbondavano.

Ed intorno al fumante forno ruotava la maggior parte dell’economia di questo territorio.

Ma la storia mineraria di Malonno affonda le radici in un periodo molto più lontano.

Il primo documento che attesta la presenza dell’attività siderurgica e indirettamente quella mineraria è l’Estimo della Valle Camonica, datato 22 novembre 1492, nel quale Malonno doveva “libre 20” per “ferrare a vena”.

Nel Cinquecento il forno risulta di proprietà di Agostino Celeri (originario di Lovere) come dallo scartafoglio dell’Estimo datato 25 marzo 1573.

Nell’Estimo del 1652 il forno di Malonno ha una rendita di 200 lire ed in un documento del 1676 si rileva che una “hora” di forno (ovvero un giorno e una notte) vengono colate 25 some (2.981 Kq.) di vena che produce 142 pesi di ferro crudo (1.129 Kg.) che vale 17 gazette per peso (2.414 gazette).

Il forno riceveva il minerale proveniente dalle locali miniere coltivate da ottimi mineranti; nella “Nota di quelli che attendono ad escavar minere de ferro” datata 29 ottobre 1648  risulta che a Malonno erano attivi:

Comino Grasso da Scalve ma abitante a Malonno

Zuanne figlio di Matteo Cantone

Lorenzo Cantone

Zuanne figlio di Giacomo Cantone

Giovanni Cantone

Bonomo Fraino

Marco Tabalo

Martino Penacchio

Giovanni Rizzo


Verso la fine del Seicento (1694) le miniere attive a Malonno erano:

-Frera di Assi – posseduta da Santo e Nicolò de Giaccomi

-Castello – posseduta da Agostino Celeri

-Valisella – di Lorenzo Cantoni

-Carro – di Giovan Battista Cismondi

-Frera Nova – di Lorenzo Cantone

che dovevano annualmente al fisco una quota, la decima, del prodotto.


La decima ....

un argomento assai poco gradito da quanti lavoravano nelle miniere e nell’ambito dell’attività siderurgica.

Infatti difficoltà di ogni sorta riscontrarono i soprastanti alle miniere per la riscossione delle decime.

Alcuni esempi:

Antonio Molta, abitante a Lovere, nel 1668 scrive:

“... mi son portato ai ultimi confini di Valcamonica con l’assistenza del console nella terra di Malon dove si ritrova un forno per colar vena di ferro che si cava dalle miniere possedute da Francesco Cantoni e compagni et un’altra dal reverendo Don Giovanni Lese curato di Malon et compagni, un altra di Francesco Rattino et compagni”.

Qui il soprintendente deve ritirare la decima su seicento cavalli di vena ovvero 60 cavalli ovvero 6.200 Kg.

Non poco, ma il Molta rileva e scrive che“...per informationi haute il scavamento è statto più assai, onde certo il publico non ha il suo dover.”

Ancora: la supplica datata 7 gennaio 1680 di Lunardo Donado:

La qualità più inferiore di ferro è quella che si estrae dalle miniere di Malonno...

Quelli che si applicano all’esercizio delle miniere procurano appriserle a fortuna per lo che vi lavoreranno li due e tre anni con grandissimo struscio e spesa prima di trovar il buon minerale che essi chiamano vena, e molte volte, o non le sortisse scoprirne di buono o a pena trovato si perde o si dirrupano con la caduta o se gli anegano con le sortite dell’acqua; onde resta gettata la spesa et il tempo et alle volte vi lasciano la vita...

Aperta la minera et incontrata buona materia s’uniscono molti poverazzi che non hanno altro che sostentarsi che le braccia, formando una compagnia divisa in operarii che  in quelle profonde caverne spezzano i monti, cavando il minerale, et altri che con zerletti un poco alla volta a testa china portando la lume in bocca lo asportarono fuori dalla miniera framischiato buono e cattivo”.

Tuttavia anche taluni ispettori devono prendere atto di una situazione pessima sia per la localizzazione dei siti posti “in lontananza grande” e “tutti di salita ben faticosa”.

Ettore Durante, vicario alle miniere, il 13 settembre 1682 redige una relazione per i Deputati alle Miniere della Serenissima sulla visita effettuata ai siti minerari della Valle Camonica. Giunto a Malonno rilevò che le miniere erano lontane un miglio e mezzo dall’abitato ed il minerale estratto veniva colato dal locale forno. I cantieri minerari attivi erano 4 e producevano una vena di “pocha bona qualità”. La condizione economica dei mineranti risulta buona anche se fra essi vi sono dei poveri.

Nel Settecento l’attività mineraria proseguì con alterne fortune.

Il 12 gennaio 1703 si costituirono presso il notaio Giovan Simon Cismondo di Mù il Console Carlo Legena ed altri testimoni al fine di attestare la situazione delle miniere nel territorio di Malonno. L’immagine che raccogliamo è pessima:

-Miniera detta “delli Assi” – inattiva da otto anni a causa di allagamento;

-Miniera della “Valisella” – allagata da sette anni;

-Miniera della “Costa” – da sette anni abbandonata per esaurimento del medolo e per allagamento;

-Due miniere del “Castello” – una inattiva da sette anni per allagamento, la seconda avviata nel 1702 ma con produzione di cattiva vena e pertanto abbandonata;

-Miniera di “Sopra” nella località Castello – attiva da alcuni anni;

-Miniera alle “Tezole” – avviata dal 1701.

Nel 1714 sono segnalati 5 forni in Valle Camonica: 2 a Pisogne, 1 a Cerveno, 1 a Paisco e 1 a Malonno.

Ma per quello di Malonno - di proprietà dei Martinengo (1753) - il parroco Don Giovanni Mossino ed il Console Stefano Moresco nel 1739 testimoniano che “.... in questa comunità vi esiste un forno del ferro che vien lavorato soltato da poveri mercenari per guadagnarsi il vitto, così pure nell’escavation delle vene e nella lavoratura dei carboni unico sostentamento de medesimi senza però potersi avanzar delle loro fatiche stenti e pericoli alcun benché minimo lucro, e che esse miniere in hora trovansi la maggior parte del tutto esauste e senza alcun minimo reddito. Essere pure la verità che il detto forno resta anni et anni inoperoso....

Tuttavia, a questo stato di cose, fa riscontro la continua ricerca di nuovi filoni metalliferi:

-1 gennaio 1759

il Conte Cesare Martinengo notifica un segno di miniera nella contrada del Vago

-8 febbraio 1768

Francesco Cevj di Cedegolo notifica due segni di miniera nel bosco chiamato Vago,

Gio Tosana di Malonno notifica 3 segni di miniera sempre presso Vago.

Sempre nel 1768 due miniere al Vago da parte di Antonio Marianini e tre miniere, sempre al Vago da parte di Giovanni Tosana.

-16 dicembre 1772

Gio Antonio Ricci di Malonno (notaio che nel 1753 risulta essere il maggior contribuente camuno del fisco veneziano) chiede di realizzare un ribasso nella miniera della Volpera, in un antico scavo.

-Domenico Cattaneo notifica una miniera di ferro, alla “Volpera”, il 6 settembre 1773.

-Nel 1782 notificano miniera detta degli Oberti in località Frai Giuseppe Prandini per conto di Bonomo e Figli di Malonno.

-Nel 1783 due miniere sono segnalate dai Fratelli Micheli, denominate  “Carro” e “Petazza”.

-Nel 1797, in località Frai, Alberto Ricci apre una coltivazione.


Anche nel Settecento perdura la tensione tra fisco e mineranti.

Nel periodo 1713 – 1721 il forno e i mineranti di Malonno devono versare 15 ducati annui, ma nel 1719 l’ispettore Antonio Durante dichiara di non aver mai ricevuto versamenti.

Nel decennio 1788 – 1798 il forno (che nel 1770 era passato in proprietà alla Comunità di Malonno) e i mineranti versarono quali decime annue alle casse della Serenissima la somma di ducali 18 (come da accordo siglato il 7 agosto 1788).


Ma il Settecento è anche il secolo di spiccate personalità attive nella ricerca mineralogica come:

Don Francesco Cattaneo, nato a Malonno il 12 luglio 1751. Il padre Domenico fu attivo nel settore delle miniere in Malonno e Paisco. Don Francesco fu Canonico di Santa Caterina in Edolo dal 1784 alla morte avvenuta nel 1830. Socio dell’Ateneo di Brescia. Condusse ricerche mineralogiche in Malonno, Paisco Loveno, Sonico, Corteno e Cotenedolo. Nel 1803 promuove una ricerca sui monti di Sellero-Novelle, presso la località Carona, seguendo un filone di “sale purgativo” simile al sale d’Inghilterra.

Il 3 settembre 1804 trasmette una relazione al Ministero dell’Interno per aprire una escavazione di 4 miniere: 1 di solfato di magnesio, 1 di piombo argentifero e 2 di rame a Malonno (Vago) e a Paisco. Segnala inoltre un filone di vetro nero per bottiglie nel comune di Temù. Nel 1833 si trasferisce a Villa di Sondrio; da lì continuò gli studi mineralogici ed avanzò richiesta di aprire un ribasso nella miniera ferrea ubicata a Malonno, in contrada del Vago, già notificata il 20 dicembre 1808.

Il ribasso serviva per dar scolo all’acqua che allagava il cantiere sotterraneo.

Con Don Francesco arriviamo all’Ottocento.


A inizio secolo, a Malonno, le concessioni minerarie sono 7 di cui 5 di ferro, 1 di rame e 1 di piombo argentifero, così dislocate:

3 imbocchi a Presabona – vena di ferro;

1 a Frai – vena di ferro;

1 a Volpera – vena di ferro;

1 dopo di Nazio – piombo argentifero

1 al Vago – rame

All’inizio dell’800 l’investitura delle miniere prevedeva che ogni individuo potesse scoprire miniere di ferro e dare inizio a saggi di scavo in qualsiasi fondo. Trascorsi 8 giorni lo scopritore rimetteva la notifica all’autorità competente. Dopo sei mesi la notifica poteva essere rinnovata per altri tre mesi; quindi lo scopritore passava alla formale investitura. Il danno recato dallo scopritore al proprietario del fondo veniva stimato da due periti ma era costume pagare il doppio del danno. Ogni scavo doveva essere distante l’uno dall’altro 36 braccia di lunghezza e 24 di altezza.

Nel periodo del dominio napoleonico (1797-1814) si ebbe una crescita nella ricerca del minerale ferroso e numerose furono le notifiche di scoprimento di campi minerari:

1803 Prata Bona – Giovanni Margarisa

1803 dosso di Nazio – Don Cattaneo

1803 Stablilini – Giuseppe Loner e Francesco Gelmi

1803 Caccher – Giuseppe Loner e Francesco Cattaneo

1803 Vago – Giuseppe Moreschi e compagni

1803 loc. Volpera – Giacomo Bona e Giovanni Bedola

1804 Presabona – Tomaso Bendotti

1804 Stablilini – Battista Rizzi e Giovanni Bedola

1804 idem – Giovanni Sorteni

1804 Disteso – Lorenzo Bona e Francesco Legena

1805 Presabona – Giovan Battista Coracina

1805 sotto il Dossello d’Alben – Bernardino Bernardello, Stefano Mariotti di Giovanni e Stefano Mariotti di Pietro.

1806 Presabona – Fratelli Ghirardi

1806 Disteso – Lorenzo Bona

1806 Presabona – Francesco Gelmi, Martino Tolotti e suo figlio Alberto

1806 Vial de’ Legni – Bortolo Mariotti

1808 Fontana del Dosso e Volpera – Alberto Ricci

1811 Vago – Francesco Gelmi

1813 Volpera – Giovanni Moreschi, Giovanni Bianchi, Giovanni Bedola


Nel 1807 le miniere attive erano 5 e dopo due anni passano a 21 per ridursi a 13 (con attivi 99 operai) nel 1813.

Tra il 1815-1827 si registra una crisi che porterà alla stasi dell’attività mineraria.

Era anche il periodo in cui la pressione fiscale sull’attività estrattiva si fece più opprimente tanto che i proprietari di miniera denunciarono l’impossibilità a proseguire i lavori anche per la precarietà dei singoli cantieri:

-miniere allagate;

-minerale di pessima qualità;

-filoni esauriti;

-aumento delle spese per gli scavi.

A questo stato di cose si aggiunse l’applicazione del decreto 9 agosto 1808 che “dovendo osservare tutti gli articoli sarrà motivo che in questa comune anderà abandonata la ricerca delle miniere ed anche in parte della coltivasione a motivo che gli omini che si esercitano in queste ricerche sono tutti contadini poveri e sensa studio e perciò per timore dincorrere in qualche penalità si aveliscono e tanti abandonerà le solite lorro ricerche.”; così scrisse Faustino Corasina di Malonno nel 1826 all’imperiale regio commissario di Edolo.


Due figure di spicco del mondo mineralogico Andrea Gregorini e Antonio Zitti in una loro relazione, datata 10 settembre 1860, offrono un quadro di come si svolgevano i lavori in miniera:

l’escavazione si fa dai minatori durante la stagione invernale, ossia dal novembre al maggio, mentre negli altri mesi più caldi riesce ciò impossibile per l’acqua che piovendo dal tetto delle gallerie le inonda, oltre di che l’aria nell’interno delle medesime diviene in quei mesi irrespirabile pei gaz che vi si sviluppano.

In questo frattempo poi si lavora a cielo scoperto sulle piazze formate avanti le miniere, scegliendo il minerale, rompendolo in piccoli pezzi onde rifiutare quello che contenesse materie eterogenee, e torrefatto il medesimo quando ciò si richiede da farsi alla miniera.

Lo scavo dei minerali viene sempre fatto mediante mine, e i massi dalle medesime staccati, vengono ridotti in pezzi più piccoli atti ad essere trasportati fuori dalle gallerie, e ciò si fa specialmente da ragazzi.”


Nel 1864 viene rilasciata la concessione a Calvi Giovan Battista per la coltivazione della miniera di ferro Petazza e Costa già coltivata in antico.

Il giacimento consta di 3 banchi di ferro con una potenza rispettivamente di 1,50, 4 e 4,50 m.. Il minerale contiene il 44% di ferro. Le numerose escavazioni antiche si distribuiscono sopra alcuni chilometri di estensione. La miniera risulta in situazione assai comoda per la vicinanza dell’abitato di Malonno e del forno.

Nello stesso anno anche Andrea Gregorini avanzò richiesta di effettuare scavi in località Volpera.


Ma i problemi cronici dell’attività estrattiva emergono sempre più portando allo spegnimento definitivo del forno nel 1869; il forno di Cemmo cesserà l’attività nel 1883, il forno di Loveno era distrutto e quello di Paisco era spento dal 1880.


Era il periodo in cui il sistema estrattivo e siderurgico della Valle Camonica entrava in una grave crisi. Infatti nel 1875 lo stato delle concessioni a Malonno evidenziava solo due miniere attive:

-Pettazza e Costa di proprietà di Calvi Gio.Battista di Edolo.

-Presabona di proprietà Gio. Andrea Gregorini.


Nel ‘900 i ridotti siti minerari ottocenteschi vennero amplianti dai più moderni impianti delle grandi società come la Franchi-Gregorini, l’Ilva e la Ferromin, la Breda, la Tassara, la Fiat e la Motecatini.

A Malonno i lavori si concentrarono nella miniera Pettazza e Costa e in località Presabona.

Per la miniera Petazza Costa nel 1928 la Società Alti Forni, Fonderie, Acciaierie e Ferriere Franchi Gregorini, con sede in Brescia, chiede la conferma della concessione della miniera pervenutagli, tramite compravendita, dalla ditta Calvi.

Nel 1932 la concessione passa all’ILVA - con sede in Genova ma con domicilio a Darfo - in quanto la Franchi Gregorini risulta fusa dal 1930 con l’ILVA. Nel 1940 la concessione viene trasferita alla Ferromin Società Anonima Mineraria Siderurgica costituita il 25 gennaio 1939 con sede in Roma e direzione generale in Genova.

La Ferromin, società controllata dall’Ilva, attivò negli anni Quaranta a Malonno, a pochi metri dalla linea ferroviaria, un vasto complesso dotato di impianto di torrefazione consistente in tre forni a tino di cui uno per la prima cottura (tuttora in buone condizioni), due silos e montacarichi, una palazzina per gli uffici, magazzino e alloggio guardiano; unico esempio integro in Valle Camonica di archeologia industriale collegata alla siderurgia.

Due forni avevano una potenzialità giornaliera di 15 tonnellate ed il terzo di 45 tonnellate di torrefatto.

Nel 1947 la Ferromin avanza istanza di sospendere i lavori per un biennio; il motivo è la “difficilissima situazione in cui versa l’industria mineraria delle Prealpi Lombarde in quanto, come è noto, gli industriali siderurgici non hanno convenienza a trattare i minerali delle miniere di cui trattasi, perché da una parte i minerali esteri, ed in particolare quelli tunisini e marocchini costano meno dei minerali nazionali, mentre per altra parte la nostra siderurgia lavora da tempo su rottame e soffre già la concorrenza di contingenti di ghisa estera importanti.” Nel 1949 la sospensione di lavori verrà prorogata di altri due anni. Nel settembre 1951 i lavori riprendono e nel febbraio del 1952 rientra in produzione con l’accensione dei forni per la torrefazione. Vi lavoravano circa quaranta operai.

Il 12 settembre 1953 la Ferromin rinuncia alla concessione e nel 1954 mise in sicurezza il cantiere.

La miniera consta dei seguenti livelli:

-livello Roma (q. 553,5)

-livello Radello (q. 589,55)

-livello Volpera (q. 630)

-livello “Lavori vecchi” (q.650)

-livello Petazza (q.691)


Per il cantiere Presabona, nel 1871, la situazione era la seguente: la notifica viene effettuata da Giovanni Andrea Gregorini per un campo minerario che si sviluppa su due punti di scavo molto lontani fra loro: il primo punto Olasella dava buoni risultati, il secondo denominato Ronchi non dava minerale.

La località Olasella si trova a circa 3 ore di cammino da Malonno mentre i lavori di Ronchi sono discosti dal paese poco più di un’ora di strada.

Nel 1874 la concessione viene accordata al Gregorini.

Dagli anni novanta dell’Ottocento fino agli anni trenta del Novecento la miniera è inattiva.

Nel 1928 perverrà alla  Società Alti Forni, Fonderie, Acciaierie e Ferriere Franchi Gregorini e quindi all’ILVA che assorbì la predetta società.

Nel 1939 la concessione viene trasferita alla Ferromin Società Anonima Mineraria Siderurgica.

Negli anni quaranta i lavori e le ricerche risultano abbandonati per riprendere nei primi mesi del 1952 con la realizzazione di un traverso banco.


Accanto a queste attività vi furono altre iniziative di ricerca.

Nel 1935 Giovanni Battista Bonetti inoltra richiesta di poter effettuare in località “Vento” ricerche di galena argentifera. Nel 1938 il permesso verrà trasferito alla Società Mineraria Argus con sede in Piancastagnaio (Siena).

Il Bonetti avvierà nel 1939 ricerche di piombo e ferro anche nell’area “Pra dell’Acqua”.

Nel 1937 l’ILVA inizia ricerche nell’area di Nazio per individuare filoni di ferro.


Nel 1941 la stessa Ferromin iniziò ricerche di ferro in località Campello di Nazio

e nel 1945 di manganese e ferro nell’area di Lava e di Montone .


Ma queste sono le ultime pagine di una micro-storia che si dipana lungo gli ultimi cinque secoli della storia camuna.


Le miniere di Malonno

Forno fusorio di Malonno
Miniera Petasa di Malonno - Parrticolare
Miniera Petasa di Malonno - Parrticolare
Miniera Petasa di Malonno - Sorgente
Miniera Petasa di Malonno - Particolare
Miniera Petasa di Malonno - Particolare
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SALONE 18
MINIERA DELLA PETASSA
MALONNO (BS)http://www.youtube.com/watch?v=NsBixZj4Vlo